« Fa’ che il cibo sia la tua Medicina e che la Medicina sia il tuo cibo”
(Ippocrate, padre della Medicina scientifica; 460 a.C. c.a-377 a.C.)
Il cibo come Medicina: la Meditazione del cibo
Namastè;
sulla scìa del tema del mio rapporto con la Meditazione non posso fare a meno adesso di
condividere col lettore il ruolo che ha assunto il cibo e il cibarsi lungo il sentiero della mia
ricerca……di mè!
Posso affermare di aver compreso profondamente cosa vuol dire che il cibo è una medicina
da quando ho deciso di approcciarmi all’Ayurveda, la Scienza medica indiana, strettamente
legata allo Yoga e che letteralmente significa: Scienza della Vita. Avevo bisogno di
supportare una determinata fase della mia vita in modo naturale e rispettoso e sarebbe stata
anche l’occasione per sperimentarne direttamente gli effetti al di là di quello che sapevo o
pensavo di sapere in materia.
Ebbene, l’incontro a tu per tu con l’Ayurveda, mi aveva letteralmente ……destabilizzata.
Ero stata messa di fronte al fatto che per sostenere i miei ritmi di vita avevo alimentato nel
tempo, seppur del tutto involontariamente, uno squilibrio energetico che aveva quasi
represso la mia reale natura costituzionale (la Prakriti), cioè la qualità della mia energia
vitale, determinando una Vikriti per me innaturale che, oltretutto, era quella che manifestavo
all’esterno! In effetti, proprio in virtù del mio contesto professionale e delle mie conoscenze
scientifiche, studi, ragionamenti, credenze etc. in ambito di prevenzione e salute avevo
adottato abitudini che io ritenevo salutari e favorenti un buon stato di salute complessivo.
Ero convinta di aver trovato un equilibrio tra sana alimentazione e stile di vita………. e così
all’esterno appariva.
Il mio corpo e anche le mie emozioni mi stavano comunicando, invece, che era necessario
resettare tutto quello che era stato posto in essere fino a quel momento sia da un punto di
vista alimentare che, in generale riguardo la mia routine quotidiana e persino la mia
sadhana! Per sostenere i processi fisiologici e adiuvare il ripristino dell’equilibrio primevo
avrei dovuto procurarmi determinati alimenti, condimenti, spezie ed erbe ad hoc,
assemblarli, cucinarli, consumarli in fasce orarie adatte a me e sostituire la pratica spirituale
che avevo impostato io con un’altra più adatta in quel momento. Avevo improvvisamente
capito che fino ad allora l’attenzione alla cura di me e in particolare nei confronti dell’
alimentazione era fondata sul paradigma scientifico occidentale: il cibo visto come fonte di
nutrienti (preteine, amidi, grassi, etc.) e di calorie che devono essere introdotti
nell’organismo quotidianamente come un carburante per consentire ai processi vitali di
mantenersi. Immediatamente era emersa la consapevolezza che lo squilibrio della mia
Prakriti si esprimeva ad un livello tale per cui solo un terapista ayurvedico avrebbe potuto
individuarlo (noi sanitari in occidente non siamo formati in tal senso a livello accademico).
Inoltre, avevo intuito che la Vikriti che aveva prevalso era in qualche modo collegata alle
difficoltà che incontravo nel manifestare i cambiamenti dentro di me che sentivo impellenti e
necessari per portare avanti il mio Dharma mantenendo attivi i programmi di paura e
resistenze varie a livello sub-conscio che mi impedivano di dire e fare la cosa giusta quando
necesse. Inizialmente ho provato emozioni forti e contrastanti; da un lato mi sono sentita
frustrata, triste e persino stanca …come se tutto il peso della fatica fatta fino a quel
momento per “reggere” quegli standard di vita, auto-imposti peraltro, finalmente potesse
essere portato in superficie, affinché me ne rendessi conto. Al tempo stesso, però, mi sono
sentita molto sollevata……..
Avevo l’opportunità di cambiare “stile di vita”, in una modalità più allineata con le mie reali
esigenze e volevo darmi una possibilità di rimediare agli eventuali danni fatti, di cui
comunque non potevo farmene una colpa perché non voluti, senza sapere cosa ne sarebbe
conseguito e tanto meno senza garanzie di “successo”. Avevo capito realmente l’importanza
di essere presenti a sè stessi e decifrare il linguaggio del corpo, decidere se ascoltarlo o
meno ed osservare eventuali risposte: ecco, di questo invece, ero pienamente responsabile.
Già Ippocrate, il padre della nostra Medicina circa 2500 anni fa aveva colto la relazione tra
ciò che mangiamo e la nostra salute. Ad avvalorare questa intuizione audace e
rivoluzionaria per quei tempi, sono intervenuti gli studi e i progressi compiuti dalla scienza, in
particolare della Biologia Molecolare soprattutto negli ultimi cinquant’anni che hanno
permesso di comprendere i meccanismi biochimici con cui i principi attivi contenuti negli
alimenti influiscono sul benessere fisico e psichico dell’individuo. Non ne viene considerato
però il punto di vista “sottile” e “vibratorio” che non è riproducibile in laboratorio. Il cibo è
stato riconosciuto anche a livello istituzionale (OMS) come strumento di prevenzione
primaria di moltissime malattie ed efficace terapia complementare nel trattamento di un
ampio ventaglio di patologie. Il limite della moderna Scienza dell’Alimentazione, a mio
avviso, è il paradigma su cui si fonda: l’alimento è un insieme di sostanze nutritive (proteine,
zuccheri, grassi, etc.) che apportano un determinato numero di Calorie (cioè energia) che
vanno assemblati secondo criteri validati scientificamente al fine di promuovere e mantenere
un buon stato di salute. Quello che invece mi ha trasmesso fin da subito la medicina
Ayurvedica è che quello che conta è anzitutto l’informazione energetica, vibratoria e sottile
che quel determinato alimento apporta al sistema corpo-mente –spirito e che non esiste un
cibo/sostanza in assoluto dannoso, sempre e per tutti. Più semplicemente, un alimento è
profondamente “nutriente” ed adatto quando risuona con le forze bio-energetiche specifiche
che governano le funzioni del corpo e della mente della persona e non necessariamente si
adatta ad altri. Avevo cominciato a capire per esperienza diretta e per la prima volta cosa si
intendeva per cibo terapeutico con funzioni medicamentose e curative: un vero e proprio
nutrimento profondo che investe ogni aspetto dell’essere. Penso che Ippocrate si riferisse a
questo tipo di paradigma quando parlava di cibo come Medicina e di Medicina come cibo. La
relazione con l’alimento va ben oltre il semplice atto di cibarsi: è un ponte tra ciò che si vede
(il corpo fisico) e l’invisibile (il nostro sub-conscio, gli aspetti energetici e spirituali
dell’essere), un vero e proprio rituale pluriquotidiano che ha assunto per me le caratteristiche
di una profonda pratica spirituale cioè di una vera e propria Meditazione. Quando si diventa
consapevoli del proprio modo di nutrirsi, ogni pasto diventa un passo in più a sostegno della
propria trasformazione per la guarigione profonda, dell’anima. Il cibo di per sé non è una
questione di etichette biologiche o certificazioni ma di stato di coscienza: in qualche modo
avevo iniziato a vedere il singolo alimento ma anche le erbe e le spezie come entità vive,
dotate di un’essenza propria che erano lì per me, per aiutarmi e sostenermi. Avevo iniziato
ad entrare in risonanza con loro e a provare gratitudine: valeva la pena impiegare più
risorse, più attenzione e più tempo per cercarli, prepararli, assemblarli e gustarli….Tutto
questo aveva generato in me ed ancora suscita, sempre di più, commozione, benevolenza,
pazienza verso di mè. come forse non avevo mai provato. Era sorto in me il desiderio di
farmi del bene dando al mio sistema ciò di cui aveva bisogno. Questo cambio di prospettiva
del tutto inaspettato mi ha portato a vedere quasi da subito cambiamenti sensibili da un
punto di vista fisico e soprattutto energetico ed emozionale nel mio approccio alla
quotidianità. In effetti ci sono ripercussioni profonde che vanno al di là della sfera
nutrizionale: quando si riconosce il cibo come manifestazione di qualcosa di più ampio
(come lo è, del resto, anche l’individuo umano), tutto il proprio essere si allinea con le forze
vitali dell’Universo, a partire da una sensazione di un maggiore e crescente “benessere”
globale che si può avverte anche se il contesto in cui si vive continua ad essere sempre lo
stesso con le sue sfide.
Grazie di esserci e…….. che tutto in te sia Gioia!
OM Shanti, shanti, shanti.

