Cronaca a cura di Ma Prem Sitara, terapista di Ayurveda & facilitatore delle Meditazioni di Osho
Sé
La prima guida sulla via dell’Ayurveda inevitabilmente il corpo. Imparare ad essere in contatto con il proprio corpo, già fisicamente. E in modo autentico, puro, semplice, amorevole. Per quanti di noi è così difficile ? A che punto il nostro corpo fisico è condizionato ? Le nostre società ci portano ad allontanarci dalla nostra naturale percezione dei corpi – il nostro e quello dei nostri simili : le pubblicità che mostrano corpi che devono essere così o così, la moda dell’abbigliamento che sostiene queste immagini ideali e illusorie, il culto dell’eterna giovinezza, lo sport a oltranza per raggiungere un certo stereotipo di forza, tutto ciò falsa e propone una seria sfida alla Natura mettendo quindi l’Essere umano in lotta con se stesso. Come, perché e per quanto tempo ci si può lasciare coinvolgere nel gioco e seguire questo movimento in un modo o nell’altro? Il corpo è un dono e una tecnologia ben al di là di ciò che tutta la mente umana potrà mai inventare. Lui non è lì per combattere ma per guidarci, servirci da supporto in questa vita da… vivere! Il viaggio si fa grazie a lui, rispettarlo, accettarlo così com’è e come si evolve, è il primo strumento nelle nostre mani per sapere dove dirigersi per il nostro più grande bene e con facilità. Essere in contatto così energico con questo corpo, ad esempio chiedendosi ogni giorno: “come sta il mio corpo in questo momento, cosa chiede a me, cosa è disposto a fare, non fare o ricevere? ». Rimanendo un attimo in silenzio per osservare, accogliere, la risposta non tarda ad arrivare ed è alla portata di tutti. La pratica fisica non può che essere adattata se si segue il buon senso dell’Ayurveda che non la intende mai come sfida, superamento di sé o competizione – è un modo per creare lo spazio per rimettersi in contatto con il corpo, ascoltarlo. Questo è l’oggetto del millenario Yoga, tradizionalmente Hatha in Ayurveda, che è uno strumento terapeutico, un’arte del qui e ora con ciò che è, nel e attraverso il corpo, a partire dal corpo, imparo ad accettare ciò che è e a muovermi nel mondo a partire da questo – non il contrario. “Yoga” significa “unione” : da sé con l’istante, nell’istante, perché l’istante contiene il Tutto. Lasciamo quindi da parte tutti i rituali, le pietre, le collane, i braccialetti, i fumi, i leggings… distrazioni e attaccamenti per l’Ego. Fare spazio non è cambiare la decorazione, è imparare a lasciare vuoto perché, allora, possa emergere tutto ciò che è. Già, se stesso. Di nuovo, se stesso. Sempre, se stesso. Lo Yoga, per unirsi a se stessi, attraverso il corpo.
La seconda guida sono le emozioni. Rendere loro uno spazio di espressione, lasciarli essere come si presentano senza reprimerli, ad esempio ponendosi la domanda: “come mi sento in questo momento? » e allo stesso modo, rimanere un momento in silenzio per osservare, accogliere ciò che viene. È una piccola sfida perché prendere su di sé, trattenere, non mostrare fa parte delle regole della nostra società: se piangi per strada, sorge l’inquietudine e verrai rassicurato, ingiunto di smettere di piangere, di asciugare le lacrime; se ridi davanti a tutti, ti verrà detto di calmarti o che sei un bambino, che tutti ti guardano. Spesso mostrare le proprie emozioni è un segno di debolezza, vulnerabilità, esclusione. La convinzione collettiva e individuale si intreccia, forte, attorno alla repressione. Mentre tutti provano le stesse emozioni, è quindi semplicemente assurdo! L’essere umano è dotato di una sensibilità che fa proprio il suo immenso valore.
La meditazione è lo strumento centrale per esplorare la nostra capacità di accogliere le situazioni generatrici di emozioni, ansia, stress, preoccupazione e affrontarle con maggiore distacco e serenità. Ci si accorgerà presto, nella maggior parte dei casi, che le repressioni, i non detti, il fatto di essersi forzati anche inconsciamente, hanno potuto generare degli schemi in se stessi di cui disfarsi per ritrovarsi richiede uno sforzo… di osservazione e di disidentificazione. Questo è ciò che chiamo “de-coprire”: disfare gli schemi, rimuovere gli strati di polvere che coprono lo specchio che impedisce di vedere il nostro vero volto. L’osservazione è questo strumento semplice, alla portata di tutti, preciso e prezioso, che permette di sapere come funziona il nostro “macchinario” unico del corpo-mente, che ha il suo linguaggio sottile. Prima di essere una medicina curativa, l’Ayurveda è una pratica ripetuta di attenzioni quotidiane, che possono e devono variare perché tutto è in movimento dentro di noi e intorno a noi. L’arte dell’osservazione, quindi, diventa arte di sé, di saper prendersi cura, prevenire, aggiustare gli squilibri che possono presentarsi nei movimenti della vita.
L’uomo moderno sembra aver perso questo legame alla base essenziale, trascinato da ritmi sfrenati e divertimenti che lo portano fuori di sé a tal punto che la semplicità proposta dall’Ayurveda diventa una sfida che può scoraggiare dal lanciarvisi. È vero che quando perdiamo le chiavi, si crea confusione, la casa non è più accessibile così direttamente ; l’Ayurveda può farci uno specchio poco lusinghiero di una perdita di buon senso di base che si manifesta a nostro svantaggio. E se accettassimo umilmente di guardarlo per aprirci a una vera trasformazione?
Ognuno può farlo solo da solo e per se stesso perché è già la Vita… resta più che conoscerla – ecco di nuovo il significato del termine “Ayurveda” in Sanscrito. L’Ayurveda non è un mondo. L’Ayurveda è il Mondo. Con noi, Esseri umani, dentro, al nostro posto unico, per viverci pienamente.
Ma Prem Sitara

