Cronaca creata da Paola Franzoni, insegnante di Yoga – Il Lab, centro Yoga Brescia – e lettrice appassionata
Solitudine
Quante definizioni ci diamo ogni giorno? Quanti ruoli ricopriamo?
Siamo maestri nel raccontarci, veri e propri registi di una realtà relativa, nostra.
Una volta scritto il copione, non ci resta che recitarlo.
Abbiamo sempre ragione, sempre torto, siamo vegetariani, carnivori, inetti alla tecnologia, incapaci di impegnarci in relazione, fidanzati perfetti, narcisisti, accondiscendenti, traditori, traditi, vittime o carnefici.
Le dinamiche in cui ci ritroviamo sono sempre le stesse e ne soffriamo, ma d’altronde, siamo fatti così.
La pratica è sovversiva, è rivoluzionaria perché esplora uno spazio di totale e completa Solitudine.
Sì, Solitudine, quella che ci hanno insegnato a temere ed evitare, lo spazio in cui non esiste alcun Ruolo.
La maschera cade, tutte e centomila cadono, non abbiamo definizioni a cui aggrapparci.
Coltivando questo spazio, ci liberiamo delle nostre ragioni, ci liberiamo dei torti, ci liberiamo dei nostri credo più intimi e profondi, ci liberiamo perfino di noi stessi.
Impariamo a perdere forma, a mutare, ad accordarci ad un mondo che per sua natura è senza forma e in perpetuo mutamento.
Eccola, la flessibilità risiede qui, nella Solitudine della Pratica, nello spazio in cui porsi domande piuttosto che darsi risposte, nel “lasciar cadere il carattere come un costume di scena”, nell’andarsi a cercare, nel fondersi intimamente con ciò che davvero Siamo, “il nostro felice niente”.